VERITÀ O BUGIA?
Recentemente c’era un articolo in un giornale su una lite di un’agenzia danese contro una compagnia cinematografica americana. La lite porta sulla rappresentazione della vita e del personaggio di Hans Christian Anderson. L’agenzia danese sosteneva che il film era storicamente scorretto. Ecco una vecchia questione!
Non ho visto il film ma posso immaginarmi come Hans è dipinto. Evidentemente vediamo un bellissimo giovanotto che scrive tutta la giornata delle fiabe, per la sola ragione che non può resistere a farlo. Abita in una mansarda, tipico per artisti incompresi. Ha fame, vive a acqua e pane sotto una affittacamere spietata che non le importa delle favole. Se ha un’ispirazione improvvisa per una nuova fiaba, sentiamo un coro di donne, ma non vediamo mai le donne stesse. Le poche volte in cui appare una donna nella sua vita, scappa con un’altra. Tali sono le ragazze danesi. Ma non dobbiamo essere tristi. Perché nonostante la sua povertà diviene famoso. Ma è rimarchevole che Hans rimane lo stesso giovanotto semplice di quando era povero. A volte fa una passeggiata tra foreste danesi, sempre accompagnato dal coro di donne perche l’ispirazione non smette mai di venirgli in mente. Ama giocare con dei bambini. Non gli importa di soldi o fama. Ma altri lo fanno. Sono dei ciccioni disgustosi che sfruttano l’ingenuità di Hans. Ma prima della fine del film ottengono il coperchio sul naso (è un’espressione in olandese) E Hans muorein un letto con lenzuola bianche immacolate, sotto il giubilo di un coro femminile, in doppio cast per l’occasione.
Ma io conosco la vita di HCA come era in realtà. So che era un uomo singolarmente brutto, assetato per divenire famoso, che non amava i bambini, era avido di soldi, smisuratamente vanitoso e non sposato. Ciononostante il film non mi irrita. Perché è che il film ha ragione!

Dobbiamo chiederci: come un grande persona entra nell’immortalità? La risposta è: non sotto forma della sua vera personalità ma come la figura che egli ha creato di se stesso. HCA non solo scriveva delle fiabe ma ha vissuto la sua stessa fiaba. È proprio il titolo della sua autobiografia : “La fiaba della mia vita” Dunque già nella sua vita ha iniziato un mito sul suo personaggio. Descriveva se stesso come se fosse uscito da un mondo fiabesco. Ha mentito? E mentiva anche il film che ha ripreso il mito?
Questa è una questione interessante. Sotto l’aspetto strettamente storico dobbiamo affermare di sì. La realtà non era così, dunque il film è una bugia. Di più: dopo la guerra alcuni scienziati danesi hanno pubblicato delle biografie di HCA che smascherano il mito creato da HCA. Sulla base di lettere molto intime e la pscicoanalisi il vero HCA è rivelato. Ma solo alcuni conoscitori lo sanno, mentre che il vecchio mito è mantenuto. E io, che conosco le due versioni, scelgo il mito. Perché è il più vicino alla “verità.”
Come spiegare quel paradosso? Prendiamo il detto famoso di Louis XIV: “La France, c’est moi.” Scienziati diligenti hanno scoperto che Louis XIV non ha mai pronunciato quelle parole. È una scoperta importante? No, non lo è. Perchè Louis XIV avrebbe potuto dirlo. È un detto che caratterizza perfettamente l’assolutismo del suo regno.
Ogni grande persona è ricordata postuma da un ingrandimento di uno dei suoi tratti caratteriali. Chi sa per esempio che Ludwig von Beethoven amava giocare a biliardo e alle carte, poteva bere come una spugna di tanto in tanto, e cambiava camicia troppo di rado. Chi conosce la vera maschera funeraria di LVB? Pochi! Ma conosciamo tutti l’espressione tormentata, vigorosa e visionaria della sua faccia sul suo busto che cattura l’essenza della sua musica.
È la stessa cosa con i film su personaggi storici. È il mito che il regista filma. Schubert è l’insegnante che scrive delle sinfonie sulla lavagna mentre un coro di bambini sui loro banchi di scuola alza una canzone polifonica.
Sentiamo Chopin suonare la tastiere in una notte di luna mentre le tende di tulle sono mosse dolcemente dal vento. Ogni tanto tossiva, e ciò suggeriva una morte prematura.
E così Hans C. Anderson scrive delle fiabe giocando con dei bambini, non interessato ai proventi dei suoi scritti: l’esempio di un brutto anatroccolo che si trasforma in cigno.



La maschera funeraria di Beethoven, la versione idealizzata di Franz Klein, e il busto di Beethoven come artista visionario.